La testimonianza di un avvenimento
Jozo Grbeš, o.f.m.

la firma del Sacerdote Grbesa

INTRODUZIONE

Ho incontrato il Rev. Zlatko Sudac a ottobre del 1999 mentre teneva un seminario nella nostra parrocchia di San Geronimo. Arrivò allora insieme ai miei cari amici Milka e Jack Ricov. Parve che divenimmo subito amici, istantaneamente, all'incontro all'aeroporto. Rimase con noi cinque giorni, tenne un seminario straordinario e lasciò un marchio permanente.

Zlatko venne da noi di nuovo il 4. gennaio 2001. Lo scopo del suo arrivo è lo studio dell'inglese. L'abbiamo iscritto all'Università DePaul dove continua a studiare la lingua. Con noi dovrebbe rimanere fino a fine febbraio. Poco dopo il suo arrivo si è accordato che lui tenesse un seminario a New York. Prima di partire per il seminario è andato in visita ad un malato qui a Chicago, Zvonko Vucich. Sua figlia Anna fece da interprete in inglese al primo seminario nella nostra parrocchia, e con un gruppo di americani la scorsa estate viaggiò a "Betania" a Mali Lošinj (cittadina e isola in Croazia, nota). Zvonko si ammalò di colpo, il cancro gli si estese sulla maggior parte del corpo ed era in pena. Zlatko andò da lui, lo confessò, gli diede il Sacramento di unzione e rimase in conversazione a lungo con lui e con la famiglia. Secondo la testimonianza di Zlatko, quella era un'esperienza straordinaria. Zvonko divenne un'uomo nuovo che solamente pregava come tutti intorno a lui pure. Lui disse a Zlatko di esser pronto a testimoniare di tutto che gli accadde al primo seminario (precedente?, nota). Fummo in contatto costantemente con la famiglia e pregammo. Zlatko andò a New York a tenere un seminario il 2, 3 e 4 febbraio insieme ad Anna Vucich la quale al seminario fece da interprete in inglese. Lo stesso giorno del seminario, alle ore 12, il venerdì 2. febbraio, il padre di Anna Zvonko trapassò. Anna andò nella chiesa newyorkese e preghò e domandò al Signore che cosa doveva fare. La risposta arrivò presto: chiamò la madre da Chicago e disse ad Anna di rimanere al seminario e di venire a casa soltanto la domenica perché allora il padre sarà esposto (nella bara, nota) a Funeral Home (l'obitorio). E così accadde. Il seminario ebbe luogo, Zlatko fece menzione di Zvonko, di sua figlia Anna che pur rimase al seminario. Per Zlatko ciò era segno che lo stesso Zvonko c'era e che testimoniava quello che aveva promesso. Era un'avvenimento carico di gioia e di emozioni.

Anna tornò a casa a Chicago la domenica in mattinata, perché il padre doveva essere esposto dalle 2 alle 9 in pomeriggio. Io andai all'aeroporto Midway a prendere Zlatko la sera alle ore 8. L'aeroplano atterrò in orario e subito dall'aeroporto partimmo per la casa, per la parrocchia. Ne faccio menzione per il seguente avvenimento.

Domani, lunedì 5. febbraio, Zlatko, Jozo Grubišich, o.f.m., il parroco ed io andammo alla messa funerale per il defunto Zvonko. Alla messa erano presenti Slavko, o.f.m., il custode, e un numero grande di sacerdoti croati nostrani nella chiesa gremita di gente. Era tutto bellissimo. Nikola, o.f.m. diede un meraviglioso sermone, e alla fine della messa Zlatko disse qualche parola del defunto Zvonko, della sua bontà, la sua fede, il suo desiderio di tesimoniare davanti a migliaia di persone. E poi Zlatko aggiunse, "sebbene quel giorno lui morì, lo stesso venerdì venne al seminario. Sua figlia Anna rimase al seminario a testimoniare e tradurre." Quelle erano parole incisive assieme a tutto che Sudac disse. Entrambi la gente e i sacerdoti piansero. La messa fu termminata. Noi andammo a casa. La famiglia andò al cimitero, seppellì il padre e l'amico, tornò per il pranzo e poi a casa. Quando giunsero a casa, cominciarono a conversare di tutto. La mattina seguente una cugina disse: "Finalmente ho capito chi era quel che venne nell'obitorio e preghò su Zvonko e si salutò con Anna... ma era quel prete che venne alla messa...° A quel punto la zia di Anna disse che lui neppure c'era nella camera mortuaria. Le donne rimasero di stucco. Perché alcune di loro dissero di averlo visto nell'obitorio, ma lui non poteva esserci, perché era a NY (New York, nota). Ne sono testimone io di persona, perché lo sono andato a prendere all'aeroporto per condurlo alla parrocchia di San Geronimo. NELLA CAMERA MORTUARIA DUNQUE NON C'ERAVAMO! Quando quella gente capì cosa era avvenuto in verità, succese il pianto, lo stress, il panico, uno stato strano per tutti loro. Molti di loro dissero che alla messa non avevano potuto guardare al Rev. Sudac, perché sentivano che lui vedeva attraverso di loro, che vedeva tutto... A questo Sudac disse che "Loro non possono guardarmi non per me, ma per i propri peccati." Quando a Zlatko tutto questo fu raccontato, lui confermò che in effetti si trattava di bilocazione, dunque che allo stesso tempo era in due luoghi, che nello Spirito si trovò al luogo menzionato. Aveva visto la gente, descrisse esattamente e in particolari la bara, dove erano poste le immagini, i fiori, cosa addossava il defunto, come era la camera ecc. Rimanemmo tutti storditi per la meraviglia, perché lui semplicemente non poteva saperlo. Questi dettagli la stessa Anna confermò a Zlatko per telefono alle 5:45 il martedì sera il 6. febbraio. Zlatko ascoltava e confermava. E dopo disse: "Basta, capisco tutto, ci sentiremo più tardi. Vieni qui da noi e raccontaci tutto." Riattaccò. E dopo ciò andò in camera sua.

L'AVVENIMENTO

Per ricordare, Sudac è qui da noi da più di un mese. NON UNA VOLTA andai da lui in camera sua. Sempre parlavamo al piano inferiore, nella sala da paranzo, nel soggiorno o nella mia segreteria. Io non avevo mai bisogno di andare lassù. Quando necessitavo di qualcosa lo chiamavo da giù e lui rispondeva. Quella sera, e nemmeno ne so il perché, andai da lui. Avevamo parlato che Anna sarebbe venuta a testimoniare (su) tutto quello di cui (ho) scritto sopra e che avremmo chiamato Slavko, o.f.m., il custode e Marko Puljich, o.f.m. (il quale di questi giorni è venuto da Michigan per la riunione) ad essere con noi.

Però quando io venni da lui in camera attorno alle 6:10 di sera, lui tremava, sanguinava, era in una certa pena. Siccome siamo amici, ci davamo l'uno all'altro "Compare" (il più vicino al croato "Pajdo", nota). Io gli dissi: "Compare, ti prego, calmati. Non aver paura. Ci sono io qualunque cosa abbisogni, dimmi se ti serve acqua o qualsiasi altra cosa per rinfrescarti!" Lui si dimenava, non poteva stare in piedi, si abbandonava sulla mia spalla, piangeva forte, il viso gli sanguinava, e le mani e i piedi (P. Sudac è stigmatizzato ed ha la croce impressa sulla fronte). Come se gli faceva male ogni particella del corpo. E poi mi parlava: "Compare, su vattene, ti voglio risparmiare, non voglio che tu veda questo mio tormento." Non capivo di che parlava! E poi di nuovo si abbandonò sulla mia spalla e piangeva.

Ad un tratto, in uno spazio di tempo da misurare in millesimi di secondo, ed io non so come, lui finì sul pavimento, presso all'uscita. Strano, e non lo so come, allo stesso momento io mi trovai presso a lui sul pavimento, in ginocchio! Lui giaceva sul dorso, con le braccia aperte, ed era immerso in una pena terribile. Il suo capo assumeva uno strano aspetto meraviglioso, pieno di dolore, i capelli scompigliati, il viso sanguinante, coperto di sputi, la bocca come "scassata", dilatata in modo orribile, gli occhi "schizzati dalle orbite", con lo sguardo volto in lontano. Io ho visto il dolore umano, la gente sofferente e gli ospedali, ma (non ho mai visto) alcunché di simile per niente, tutti i dolori che ho visto nella vita messi insieme non sono nemmeno una decima parte di questo. Il suo capo somigliava a quello del Cristo. Ed io finalmente compresi che lui letteralmente viveva il Calvario, la passione di Cristo di 2000 anni fa. Le sue braccia erano aperte completamente, le dita rattrappite, piene di dolore e giravano e si riversavano in ogni parte. Avevo l'impressione che non poteva alzare i piedi, si trattava di inchiodamento sulla croce, i suoi piedi soffrivano di una sofferenza terrible anche se non prestavo attenzione alla parte inferiore del (suo) corpo. Lui tremava tutto, piangeva, il sudore dai capelli e la fronte era come grandi gocce di pioggia o neve. E poi gli prese il rantolo, l'affanno, sospiri profondi, le urla, i gemiti... tutto ciò in conseguenza di dolori orribili. Io non ho visto nessun'altro nella camera, non ho visto una terza persona o persone, ma la pena era così forte che pensavo che migliaia di persone lo picchiavano, lo pestavano, lo conficcavano. Avevo paura che avrebbe colpito con la testa sul pavimento, e perciò tutto il tempo tenevo il suo capo nel mio braccio. Quando ho visto la sofferenza, la spasimante sofferenza nel suo braccio, ossia braccia, allora gli tenni la mano. Lui mi afferrò in tal modo che credevo che la mia mano e tutte le ossa in essa si spezzavano. E poi sul colpo si sbalzava. Il suo corpo gli finiva in qualche modo in su, si tendeva in arco, mentre la testa gli rimaneva sul pavimento sul mio braccio. Ho avuto l'impressione come se qualcuno da dietro lo picchiava, come se qualcuno lo colpiva con qualche cosa orribile e lui cercava di scansarsi, stendendosi e arcuandosi sempre di più. Era tutto piegato. Forse il paragone migliore sono gli atleti quando piegano il corpo (fanno il ponte) nell'esercitarsi avanti lo spettacolo.

Durante tutto questo tempo lui sanguinava, sudava, e il viso come se non fosse suo. Se posso permettermi di far paragoni, mi faceva ricordare di un filmato su Gesù nel quale era stata rappresentata l'agonia di Gesù sulla croce. Quell'aspetto del (suo) capo non me lo dimenticherò mai, la sofferenza nei suoi occhi non la scorderò mai. Le ferite (le stigmate, nota), che lui aveva ricevuto qualche mese fa, sanguinavano.

Di colpo, io non so come, come di nuovo in una frazione di secondo, lui si trovò in mezzo alla camera, in ginocchio tutto raggomitolato e piegato. Io di nuovo mi trovai subito accanto a lui. Come? Non so! Mi è parso come se qualcuno lo picchiava sulla schiena, con qualche terribile, e che lui cercava di sminuire il dolore. E allora pure c'era un rantolo forte, l'ansimare spaventosamente difficile, i sospiri agghiacchianti il sangue nelle vene, il dimenarsi che io non posso descrivere perché è una sofferenza che non trovo nessuna cosa con cui paragonarla.

Dopo di ciò di colpo, e dico di colpo, perché io non ho compreso come, lui si trovò sul pavimento nello stesso luogo. E la sua prima caduta, e questo subitaneo mutamento di posizione, mi è parso come se si trattasse di due dimensioni, come se esistessero due uomini, ed ora uno era qua e l'altro là. Mentre guardavo uno, l'altro scompariva. Non so. Io seguivo i suoi movimenti, ma (li seguivo) in millesimi di secondo. Come? Non so! E poi sul pavimento c'era la stessa pena. Devo dire questa cosa importante. Per quanto mi reputo persona molto razionale, ma insieme assai emotivo, (non mi è fatica piangere quando vado in ospedali e vedo il dolore umano, specialmente se si tratta di persona più stretta), in questi momenti io non ero triste, io non sentivo amarezza, tristezza, dolore, io sentivo una grande pace che mi inondava completamente. Questa pace dell'anima io la sento anche ora in me come un retaggio di ciò. Questa è una pace che nessona altra letizia che io abbia avuto nella vita può descrivere.

Fra non molto dopo il patimento, Zlatko era ESANIME, la testa semplicemente gli penzolò dal mio braccio, le sue braccia svennero come (fossero) di un morto, il suo corpo si placò (nei movimenti) e quasi si irrigidì. Non si muoveva con alcun membro, né dimostrava segni di vita. Io compresi che quella era la MORTE. Davanti a me c'era lui, UOMO MORTO. Del tutto tramortito. Non c'erano alcuni segni di vita. Soltanto allora per la mia testa passavano mille domande, cosa adesso, come adesso, che sarà ora, cosa dirà il suo vescovo, la Chiesa, Slavko, o.f.m., il custode, Jozo, o.f.m. (un altro Jozo, nota), ma in quel momento, mentre osservavo il suo corpo moro, controllavo il suo polso presso i pugni e, mentre nulla si muoveva, io posai la mia mano sul suo cuore volendo vedere se era vivo. In quel momento io non so, se l'ho sentito fisicamente, toccato o sentito che lui pure era vivo, o se ciò era una mia sensazione interiore. Non so, ma ho compreso che era vivo! La morte è durato non più di due minuti, forse anche meno. Nei momenti in cui io ancora rivoltavo (pensieri) sul futuro (immediato), lui mosse il capo nel mio braccio. Quindi capii che ERA VIVO. Ero indescrivibilmente lieto! Indescrivibilmente! Io ero in ginocchio per tutto questo tempo. E allora lui di nuovo in un momento si trovò dall'altra oarte della stanza. Io ero subito accanto a lui. Ero seduto con le gambe sdraiateaul pavimento. Allora lui si volto verso di me, appoggio il capo sul mio braccio e la gamba e velocemente, molto velocemente, cominciò a dire le parole di preghiera. A me pareva ebraico. Dopo ancora continuò a ripetere velocissimamente le parole "Totus Tuus", il che in latino vuol dire "Tutto tuo". E ciò ripeteva così velocemente che io non posso imitarlo, come se poneste un nastro magnetico e ne aumentaste la velocità.

Quando ciò era finito, lui si raddrizzò, a me pareva che era tornato completamente allo stato di prima. Lui era in ginocchio ed io ero in ginocchio. In quel momento io gli dissi: "Zlatko, ti prego, benedicimi!" Lui cominciò a pregare "Amico, che Dio ti benedica e ti protegga, ti dia forza, ti conceda..." Questa meravigliosa benedizione durò di certo attorno a due minuti. Non sono in grado di ripeterlo! Poi lui si mise seduto per terra, aprì gli occhi e mi guardò dicendo: "Compare, e tu c'eri per tutto il tempo?" Io gli risposi confermando. Lui si mise a piangere, pianse fortemente. Allora disse quello che disse all'inizio, che io allora non potevo comprendere: "Mio compare, io ti cacciavo via, ma insieme pregavo e desideravo che tu ci rimani, che ci fosse qualcuno a condividere con me questo dolore." E piangemmo insieme. Allora lui mi chiese che ora era. Erano attorno le 6:45. L'intero questo avvenimento che ho trascritto durò approssimativamente 15-20 minuti. Dopo ciò Zlatko pianse, mi abbracciò e disse che tutto ciò è stato per i suoi peccati, che Dio lo mette a prova per questo, gli dà sofferenza. Io dicevo il contrario, ne parlammo a lungo. Lui volle la confessione. I piedi e le mani e la croce gli sanguinavano ancora. La croce, la fronte e i suoi capelli avevano un bellissimo odore, un odore come gli olii, la mirra, l'incenso, i fiori, le piante, cioè tutto ciò insieme. Era un profumo soavissimo.

Lo lasciai solo, disse che vuole piano ricuperare e subito scendere giù da noi. Scese giù e si mise a sedere con me e con Jozo, o.f.m.. Presto venne Anna Vucich pure. Stavamo seduti. Io gli dissi che era bene che lui si aveva lavato e pulito un po'. Lui disse a ciò: "Nono mi sono affatto lavato dopo che tu sei uscito dalla stanza." Io sono rimasto shockato, perché sapevo come gli era il viso, la fronte, le guance... pochi minuti fa.

Abbiamo seduto quella notte a lungo lungo, conversando di questo avvenimento, e Anna ci raccontò tutto quello che ho detto nella prima parte del testo.

CONCLUSIONE

L'avvenimento menzionato sopra ha lasciato un sigillo eccezionale sulla mia vita e in particolare sul mio sacerdozio. Sopratutto questo sono grazie delle quali non sento affatto di esserne degno. Tutto questo accadde il 6. febbraio, alla vigilia del 8o anniversario della mia ordinazione sacerdotale. Sarò lieto se questa mia breve testimonianza anche a coloro che la leggeranno possa essere inspirazione per una vita migliore di Amore e di più intima comunione con il Salvatore che ha sofferto tremendo dolore per tutti noi.

Che questo di sopra sia la Verità e solo la verità, lo testimonio con la mia anima, con il mio sacerdozio e con la pena di Cristo che ho visto in vivo.

Jozo Grbeša, o.f.m.

A Chicagu, nella parrocchia di San Geronimo, al 8o anniversario della mia ordinazione sacerdotale, 7. febbraio dell'anno del Signore 2001.

P.S. La testimonianza consegnata:

1. Slavko Soldo, o.f.m., custode dei frati croati pe l'America e Canada

2. il vescovo di Cherso, Valter Zupan (il vescovo del Rev. Sudac)

Appendice:

Devo aggiungere che alcune settimane dopo questo avvenimento ho pregatoun amico americano di cercare di procurarmi a Chicago la mirra, cioè l'olio con il quale i giudei usavano ungere i loro defunti. L'Evangelo di Giovanni su ciò dice così: "Giuseppe d'Arimatea portò la mistura di circa cento litri di mirra e aloè. Allora presero il corpo di Gesù e, secondo gli usi di sepoltura dei giudei, lo avvolsero con il lino e con gli aromi..." (Giov 19,39-40). L'amico, l'americano, riuscì, dopo molta ricerca, a trovare un negozio nel quale trovò la mirra e me ne portò una fiasca! Interessante: IL SUO ODORE ERA ASSOLUTAMENTE UGUALE A QUELLO CON CUI PROFUMAVA LA TESTA DI ZLATKO DOPO QUELLA PASSIONE!